Benvenuto nel Blog della LES

Ciao, sono il papà di una ragazza alla quale, nel 2002, è stata diagnosticato il Lupus Eritematoso Sistemico (LES). Con questo blog spero di potere aiutare qualcuno che sta attraversando questa brutta esperienza cercando di supportarlo, per quanto mi è possibile, a superare le difficoltà quotidiane e burocratiche che ho già dovuto affrontare io in passato. Un augurio di cuore a tutti. Se qualcuno vuole contattarmi direttamente può utilizzare l'indirizzo pepo1405@libero.it

Le informazioni fornite sono a scopo divulgativo e non intendono in alcun caso sostituire le indicazioni che possono essere ottenute direttamente da un medico che valuti il singolo caso. Inoltre le indicazioni relative a farmaci, procedure mediche o terapie in genere hanno un fine unicamente illustrativo e non possono sostituirsi alla prescrizione di un medico.

Cerca con google

giovedì 8 aprile 2010

Diritti dei genitori di figli maggiorenni portatori di handicap

Dopo il raggiungimento della maggiore età del figlio portatore di handicap, i genitori lavoratori possono usufruire comunque dei permessi mensili (tre giorni al mese) di cui al punto precedente, purché sussista almeno una delle seguenti condizioni:
a. Il figlio sia ancora convivente con i genitori ( Se convivono non rileva la eventuale presenza in famiglia di altri soggetti in grado di pre¬stare assistenza. Ciò si evince dalla lettera della norma, anche se esistono pareri in senso opposto.).
b. Se il figlio non convive più con i genitori l'assistenza prestatagli deve essere continuativa ed esclusiva.
L'art. 42, comma 3, del D.Igs. 151/2001 dispone infatti "Successivamente al rag¬giungimento della maggiore età del figlio con handicap in situazione di gravità, la lavo¬ratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre hanno diritto ai permessi di cui all'art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992 n. 104. Ai sensi dell'art. 20 della legge 8 marzo 2000 n.53, detti permessi, fruibili anche in maniera continuativa nel¬l'ambito del mese, spettano a condizione che sussista convivenza con il figlio o, in assenza di convivenza, che l'assistenza al figlio sia continuativa ed esclusiva".
Quanto alla "continuità" dell'assistenza, il soggetto richiedente detti per¬messi deve prestare effettiva assistenza al figlio maggiorenne con handicap nelle sue necessità quotidiane. Si esclude che l'assistenza possa intendersi continuati¬va nei casi, per esempio, in cui genitore richiedente e figlio portatore di handi¬cap vivano in abitazioni oggettivamente distanti l'una dall'altra (distanza da valu¬tarsi più che in termini di spazio in termini temporali).
Quanto all' "esclusività" della prestazione, invece, si richiede che il genito¬re richiedente detti permessi sia l'unico soggetto che presti assistenza al figlio disabile. Si ritiene che non possa essere qualificata come esclusiva l'assistenza prestata da un genitore qualora con il figlio disabile maggiorenne convivano altri soggetti che possano richiedere detti permessi per la medesima persona disabile e/o soggetti non lavoratori in grado di assisterlo. Qualora ricorra una delle predette condizioni i genitori possono continuare a fruire dei permessi ai quali hanno diritto incondizionatamente dal terzo anno di vita del bambino e sino al raggiungimento della maggiore età. Valgono pertanto tutte le considerazioni svolte in precedenza.
In tutto l'arco della vita lavorativa, indipendentemente dall'età del figlio disabile, al genitore (aggiuntivamente agli istituti visti in precedenza) viene riconosciuta la possibilità di fruire di:
Congedo di due anni per la cura dei disabili
(artA, comma 4bis, L.53/2000 e art. 42, comma 5, D.Igs 151/2001)
La legge prevede che al ricorrere di particolari condizioni il padre, o in alter¬nativa, la madre di disabile (maggiorenne o minorenne) in situazione di gra¬vità, possano astenersi per un periodo di due anni dal lavoro, senza ovvia¬mente perdere il posto di lavoro e ricevendo un'indennità nei termini di cui si dirà.
1. La situazione di gravità del figlio portatore di handicap deve essere stata accertata almeno da 5 anni dalle apposite Commissioni istituite presso le ASL (come spiegato nel capitolo 1)4.
E Si ritiene che ciò che fa fede sia l'effettivo accertamento dell'handicap e della sua com¬parsa accertata dalla Commissione Medica e non la data, successiva, in cui la Commissione emette il verbale di accertamento. In ogni caso, il congedo di due anni potrà essere usufruito dai genitori con figli disabili che abbiano compiuto almeno i 5 anni di età.
2. I genitori devono possedere i requisiti per la fruizione del diritto al prolun¬gamento del congedo parentale, ai riposi orari giornalieri e ai permessi retri¬buiti (dei quali si è detto nei paragrafi precedenti).
Tale congedo particolare non è cumulabile con i tre giorni di permesso al mese: ciò significa che mentre il genitore di un soggetto disabile sta fruendo del congedo di due anni per l'assistenza del figlio, l'altro genitore, pur avendone diritto, non può chiedere i tre giorni mensili di permesso.
Anche in questo caso il congedo deve essere utilizzato in via alternativa: ciò significa che può usufruirne in parte la madre e in parte il padre, purché mai nello stesso periodo.
A prescindere da quali soggetti ne beneficiano la durata massima del congedo è di due anni (es. 15 mesi la madre e 9 mesi il padre) per ciascun figlio disabile. Tale congedo è, peraltro, frazionabile (es.: la madre o il padre usufruisce di 7 mesi e poi torna al lavoro, poi richiede il congedo per ulteriori 8 mesi e conser¬va il diritto ai restanti 9 mesi).
La domanda va presentata in duplice copia alla sede competente dell'INPS (salvo nei casi in cui non sia l'INPS ad erogare i trattamenti economici previsti per la maternità); una copia viene trattenuta dal richiedente con la rice¬vuta di presentazione e consegnata al datore di lavoro.
Si può iniziare a fruire del congedo entro 60 giorni dalla richiesta fatta.
Quindi si deve ritenere che: ove il disabile sia minorenne (convivente / non convivente) o maggiorenne convivente tale congedo spetta al richiedente (al ricorrere delle condizioni previste) anche quando l'altro genitore non ne abbia diritto (per es. qualora la madre sia casalinga) (art. 42, comma 6, Dlgs. 151/01). Qualora invece il disabile sia maggiorenne non convivente con il genitore richiedente, quest'ultimo per usufruire del congedo in esame dovrà prestare assi¬stenza in via esclusiva e continuata5 e quindi è escluso nel caso in cui vi sia un altro familiare che possa occuparsi del disabile.
- Questo congedo è una particolare ipotesi di congedo per gravi motivi di famiglia (previsto dall'art.4, L.5312000 per tutti i genitori), a condizioni più favorevoli (da un punto di vista economico e previdenziale) date le particola¬ri esigenze dei familiari di persone disabili.
E Per assistenza prestata in via "esclusiva" e "continuata" valgono le considerazioni già svolte in relazione ai permessi mensili spettanti al genitore di disabile maggiorenne.
A differenza del congedo per gravi motivi familiari (fruibile da tutti i lavoratori dipendenti al verificarsi delle condizioni richieste), quello specifico concesso per la cura di disabili in situazione di gravità è retribuito. I lavoratori che ne usufruiscono hanno diritto a percepire per tutto il periodo di astensione dal lavoro un'indennità mensile pari all'ultima retribuzione percepita, indennità che viene corrisposta dall'INPS e anticipata direttamente dal datore di lavoro.
Hai diritto alla contribuzione figurativa per tutto il periodo, utile a tutti gli effetti ai fini pensionistici. Sia l'indennità che la contribuzione figurativa vengono erogate con il limite mas¬simo di 36.151,98 pari a L. 70 milioni annui per il congedo di durata annuale.
Diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio
(art. 33, comma 5, L.104/92).
Oltre al congedo di cui si è detto il genitore di disabile che assiste il figlio con con¬tinuità ed in via esclusiva ha diritto di scegliere la sede lavorativa più vicina al pro¬prio domicilio e ciò senza che rilevi l'età del figlio stesso o il fatto che conviva o meno con il richiedente.
Divieto di essere trasferito ad altra sede di lavoro senza il consenso del lavoratore
(art. 33, comma 5, L.104/92).
Anche in questo caso valgono le considerazioni appena svolte per il diritto di sce¬gliere la sede

Diritti dei genitori di bambini oltre i 3 anni portatori di handicap

Dopo il raggiungimento del terzo anno di età da parte del bambino portatore di handicap, i genitori, in via alternativa, possono usufruire per ogni mese di 3 gior¬ni di permesso anche continuativi. Tale diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori che siano lavoratori dipendenti ed è pertanto riconosciuto anche al genitore che non sia convivente con il figlio minorenne. Pertanto, nell'ipotesi che stiamo esaminando, tale diritto è ricono¬sciuto anche quando l'altro genitore non ne ha diritto (perché non svolge attività lavorativa, è casalinga/o, o è un lavoratore/lavoratrice autonomo/a, libero/a pro¬fessionista o domestico o a domicilio). Tali permessi sono cumulabili con il congedo parentale "ordinario" che – come si è detto – può essere fruito sino al compimento degli otto anni di età del bam¬bino: pertanto i giorni di permesso possono essere utilizzati da un genitore anche quando l'altro stia usufruendo del congedo parentale "ordinario".
Il permesso ha una durata massima complessiva di tre giorni al mese, pertanto i genitori potranno decidere come suddividerli, sempre che entrambi ne abbiano diritto (es: due giorni la madre e uno il padre, o viceversa). Se solo un genitore ne ha diritto per il tipo di attività lavorativa che svolge, naturalmente potrà fruire di tutti e tre i giorni. In questo caso "in via alternativa" significa che complessivamente il numero massimo di giorni di permesso devono essere 3 cumulativi e non 3 per ciascun genitore: pertanto possono essere usufruite anche contestualmente (es. la madre si assenta dal lavoro per due giorni, ed il padre un giorno coincidente con una delle assenze dal lavoro della madre). In caso di più figli disabili all'interno dello stesso nucleo familiare tali permessi possono essere cumulati, ma non in misura superiore a tre giornate mensili per ciascun figlio.
Tali permessi "giornalieri" possano essere frazionati in mezze giornate (Circolare INPS n.211/1996 e n.133/2000). In ogni caso, il frazionamento non può superare in ogni mese il tetto massimo di ore equivalente alla somma delle ore lavorative dei tre giorni predetti. Né le ore non utilizzate, né i giorni non utilizzati in un mese possono essere cumulati con i giorni che spettano per il mese successivo. Se un genitore lavora part-time: il problema si pone in ordine ai genitori che svol¬gono attività lavorativa con orario part-time di tipo verticale, ossia lavorano solo alcuni giorni alla settimana (non rileva se a tempo pieno o a tempo ridotto). Al lavoratore assunto con contratto di lavoro part-time di tipo verticale, infatti, spet¬teranno un numero di giornate di permesso proporzionalmente ridimensionato sulla base dei giorni effettivi lavorati in un mese (qualora da detto riproporziona¬mento risultasse un parametro inferiore all'unità, esso andrà arrotondato ad 1 giornata di permesso al mese).
Come si è detto i permessi in questione sono sempre retribuiti. Viene infatti rico¬nosciuta al genitore che ne usufruisce un'indennità pari alla retribuzione che avrebbe percepito nelle giornate in cui presta regolare attività lavorativa. Tale indennità anticipata dal datore di lavoro è a carico dell'INPS. Anche i permessi giornalieri vengono computati nell'anzianità di servizio, ma non ai fini del calcolo delle ferie maturate e della tredicesima mensilità.
Tali permessi sono coperti da contribuzione figurativa, utile a tutti gli effetti ai fini pensionistici.

Diritti dei genitori di bambini fino a 3 anni portatori di handicap

L'art.33 L. 104/92, come modificato dal D.Igs. 151/2001, prevede agevolazioni diverse per il genitore lavoratore a seconda dell'età del figlio.
I genitori che hanno un bambino portatore di handicap di età non superiore ai tre anni, possono usufruire in via alternativa delle seguenti agevolazioni:
1. prolungamento del congedo parentale (art. 33, comma 1, Dlgs. 151/01);
2. prolungamento dei riposi orari (art. 33, comma 2, L. 104/92).
Le predette agevolazioni sono quindi alternative: l'una esclude l'altra. Può usufruirne un genitore anche qualora l'altro non né abbia diritto (perché per esempio non svolge attività lavorativa, o è un libero professionista): a titolo esem¬plificativo il padre può fruire ugualmente di una delle due agevolazioni indicate anche quando la madre del bambino sia casalinga.
Il D.Igs 151/01 riconosce a tutti i genitori (e quin¬di anche a quelli di bambini portatori da handicap), dopo la nascita del bambi¬no, la possibilità di astenersi dal lavoro per un periodo chiamato "congedo parentale", che di seguito chiameremo "ordinario" per distinguerlo dal "pro¬lungamento" riconosciuto ai soli genitori di bambini disabili. Pertanto, aggiuntivamente al congedo parentale "ordinario" spettante a tutti i genitori, la madre (o in alternativa il padre) di bambini portatori di handicap ha diritto a prolungare detto congedo sino al compimento dei tre anni di età del bambino. Pertanto il prolungamento spetta ad entrambi i genitori e con il termi¬ne "in alternativa" si intende con fruizione non contemporanea. Il "prolungamento" del congedo parentale si aggiunge al congedo parentale "ordinario" che, sebbene di durata inferiore (complessivi 10/11 mesi a secon¬da dei casi), può essere fruito sino al compi¬mento degli 8 anni di età del bimbo. Pertanto, per i genitori di bambini disa¬bili che hanno diritto ad entrambi gli istituti (congedo parentale "ordinario" e "prolungamento"), occorre valutare come questi possono essere utilizzati insieme.
In generale è possibile beneficiare del "prolungamento" fino al terzo anno di vita del bambino anche quando non sia stato utilizzato o esaurito il congedo parentale "ordinario". È da dire però che il "prolungamento" sino al terzo anno di vita del bambino può iniziare solo trascorso il periodo in cui si sareb¬be potuto fruire del congedo parentale "ordinario" (Circolare INPS M 33 del 17.7.2000).
Pertanto in via esemplificativa:
- Solo il padre lavora e la madre è casalinga: il prolungamento del conge¬do parentale può essere concesso dal giorno successivo alla scadenza del proprio teorico (Teorico, in quanto, anche se nei primi sette mesi non si è usufruito del congedo paren¬tale ordinario come "teoricamente" si sarebbe potuto fare, alla scadenza del settimo mese si può comunque fruire del "prolungamento")
periodo di normale astensione per congedo parentale: cioè trascorsi 7 mesi dalla nascita del bimbo.
- Il bimbo ha solo un genitore: ciò accade nel caso in cui il padre o la madre siano deceduti; oppure quando i genitori non sono sposati e un solo di essi ha riconosciuto il figlio; o ancora nel caso in cui il figlio sia stato affidato con prov¬vedimento dell'autorità giudiziaria ad un solo genitore. In tali casi il prolunga¬mento può essere chiesto alla scadenza del proprio teorico periodo di astensio¬ne per congedo parentale: ossia dopo i dieci mesi dalla fine dell'astensione obbligatoria.
Per tutto il periodo di astensione dal lavoro il genitore che usufruisce del pro¬lungamento del congedo parentale ha diritto un'indennità pari al 30% della retribuzione, così come del resto per il congedo parentale "ordinario" usufruito entro il terzo anno di vita del bambino. Qualora invece il congedo parentale "ordinario" (non usufruito in precedenza) venga fruito dopo il terzo anno di età del bambino (e sino agli otto anni di età) – come detto – tale congedo verrà indennizzato solo in presenza di particolari limiti reddituali. Tale indennità, corrisposta dall'ente assicuratore, viene anticipata direttamente dal datore di lavoro. Anche il periodo di "prolungamento" del congedo parentale, come del resto il periodo "ordinario", viene computato nell'anzianità di servizio, ma non ai fini del calcolo delle ferie maturate e della tredicesima mensilità.
A favore dei soggetti beneficiari del prolungamento del congedo parentale, sono accreditati per tutto il periodo di astensione dal lavoro i contributi figurativi utili a tutti gli effetti ai fini pensionistici. In alternativa al prolungamento del congedo parentale, ciascuno dei genitori può prolungare l'utilizzo dei riposi orari giornalieri fino al compimento del terzo anno di età del bambino. Nel caso di figlio portatore di handicap, quindi, l'utilizzo di detti permessi non cessa entro l'anno di vita del bambino (come per tutti gli altri genitori) ma prosegue sino ai tre anni. Pertanto sino all'età di tre anni si avrà diritto a 2 ore di permesso al giorno (anche Cumulabili) per chi ha un orario lavorativo pari o superiore alle 6 ore giornaliere ed 1 ora di permesso al giorno per chi ha un orario lavorativo inferiore alle 6 ore giornaliere. Tale diritto, riconosciuto ad entrambi i genitori, può essere esercitato indifferen¬temente dalla madre o dal padre, ma mai da entrambi contemporaneamente. Qualora uno dei genitori decida di prolungare il congedo parentale di cui al punto precedente, nessuno dei due genitori avrà diritto al prolungamento dei riposi orari giornalieri e viceversa. Nell'arco del primo anno di vita del bambino l'utilizzo dei permessi orari da parte di un genitore non esclude la possibilità per l'altro di fruire del congedo paren¬tale, ciò perché solo il "prolungamento" dei riposi orari giornalieri (quindi oltre il primo anno di età del figlio) esclude la possibilità di fruire del prolungamento del congedo parentale. È solo dopo il primo anno di vita del figlio e sino al terzo anno di età che occorre scegliere tra "prolungamento" del congedo parentale e "prolungamento" dei riposi orari giornalieri.
I riposi sono retribuiti: per tutta la loro durata, infatti, l'INPS o altro ente assicuratore, erogherà un'indennità pari alla retribuzione oraria. Pertanto il lavoratore padre e/o la lavoratrice madre che usufruiscano di tali riposi avranno ugualmente diritto alla retribuzione piena. Tale indennità, corrisposta dall'ente assicuratore viene anticipata direttamente dal datore di lavoro. Utilizzando i riposi orari, le ore non lavorate vengono ugualmente computate nell'anzianità di servizio, ma non ai fini del calcolo delle ferie maturate e della tredicesima mensilità.
Quanto al profilo previdenziale detti riposi sono coperti da contribuzione figu¬rativa in misura ridotta. I lavoratori hanno facoltà di riscattare questi periodi o di integrarli versando contributi volontari.

Lupus Eritematoso Sistemico in età pediatrica

Il lupus eritematoso sistemico (LES) è una malattia autoimmune sistemica molto variabile sia nel suo decorso che nelle sue manifestazioni cliniche e caratterizzata dalla presenza di numerosi autoanticorpi e di svariate ano­malie immunologiche.

La sua esatta frequenza è sconosciuta; si ritiene che in età pediatrica abbia una incidenza di 0.6/100.000. La malattia è nettamente più frequente attor­no alla pubertà e colpisce di preferenza il sesso femminile.

L'eziologia è sconosciuta. Il LES è considerato il prototipo delle malattie autoimmuni sistemiche, ovvero condizioni in cui l'organismo elabora una risposta immune diretta contro i suoi stessi componenti.

Non è una malattia ereditaria. Esistono tuttavia fattori genetici predispo­nenti. li LES, come le altre malattie autoimmuni, è la conseguenza dell'in­terazione di fattori genetici con fattori ambientali (infezioni in particolare).

Le manifestazioni cliniche del LES nel bambino differiscono poco da quel­le osservate nell'adulto per cui i criteri diagnostici per la malattia sono gli stessi nel bambino e nell'adulto. Una differenza importante, sia per la malattia che per la sua terapia è che colpisce un organismo in accresci­mento.

Le manifestazioni cliniche sono molto variabili e dipendono dall'organo o dall'apparato interessati.

Oltre alla febbre, presente nella maggior parte dei casi, i sintomi che più fre­quentemente compaiono all'esordio sono le manifestazioni cutanee e l'ar­trite. In circa il 50% dei bambini è presente il caratteristico eritema a far­falla, che si estende dagli zigomi "facendo ponte" sul naso e risparmiando le pieghe nasolabiali; altre manifestazioni cutanee a livello del viso, degli arti e del tronco, sono rappresentate da macchie eritematose rilevate, lesioni nodulari, vescicolari o bollose. Nel 20% dei casi si verificano ulcerazioni a livello del cavo orale. Una caratteristica presente in circa il 40% dei casi è la fotosensibilità, per cui le manifestazioni cutanee peggiorano in seguito all'esposizione al sole. Un'artrite di una certa entità è presente all'esordio nel 40-60 % dei bambini. Il carattere distintivo dell'artrite lupica è l'assen­za di erosione articolare e di distruzione cartilaginea, per cui non si verifi­cano deformazioni. II sintomo cardiovascolare più frequente è la pericardite, più rare sono le miocarditi. Un modesto grado di interessamento renale è probabilmente presente in tutti i bambini ma una nefrite clinicamente evidente si osserva in circa il 75% dei casi. In generale l'interessamento renale tende a manife­starsi nei primi 2 anni di malattia ma talora la sua comparsa può essere anche ritardata. Il LES può anche dare manifestazioni neurologiche come cefalea e convulsioni. La prognosi della malattia dipende soprattutto dall'interessamento renale e cerebrale.

Il decorso del LES è cronico ed è solitamente caratterizzato da una alter­nanza di fasi di relativa inattività e di acuzie.

La diagnosi è clinica e si basa sulla presenza di segni di interessamento di più organi o apparati associati a caratteristiche anomalie di laboratorio come la presenza di anticorpi antinucleo e soprattutto di anticorpi anti­DNA nativo e di ipocomplementemia.

I corticosteroidi sono la terapia di base del LES, ma il loro impiego, il dosaggio e le modalità di somministrazione variano in rapporto con la gra­vità della malattia.

Gli antimalarici (idrossiclorochina) esercitano un'azione benefica soprattutto sulle manifestazioni cutanee. Gli immunosoppressori sono da utilizza­re sia nelle situazioni cliniche particolarmente gravi sia quando sono neces­sarie dosi troppo alte di steroidi per controllare la malattia; in particolare si utilizzano la ciclofosfamide e l'azatioprina.

Tutti i corticosteroidi sono gravati da pesanti effetti collaterali se la loro somministrazione è protratta nel tempo a dosaggi medio alti. Oltre all'obe­sità, alle smagliature cutanee, all'ipertensione, alla miopatia steroidea parti­colare attenzione va posta, in età pediatrica, all'osteoporosi e al ritardo di crescita. Anche la ciclofosfamide possiede purtroppo vari effetti collaterali tra cui perdita di capelli, nausea, vomito, anoressia, aumento degli enzimi epatici, riduzione del numero di piastrine e globuli bianchi, cistite emorra­gica, insorgenza di sterilità e aumento del rischio di neoplasie.

L'azatioprina può dare effetti collaterali a carico dell'apparato gastrointesti­nale, effetti tossici su fegato, polmone, cute e midollo. Gli antimalarici possono causare soprattutto una tossicità retinica.

La frequenza e il tipo di controlli clinici, ematochimici e strumentali dipen­derà dall'aggressività della malattia e dal tipo di terapia seguita. In effetti in tutti i casi è necessario eseguire periodici controlli clinici in cui, accanto ad un attento esame generale, si esegue un esame del sangue (emocromo, fun­zionalità epatica e renale, indici di flogosi, complemento, autoanticorpi) ed un esame urine. Qualora il bambino assuma farmaci di fondo (immunodepressori) sarà necessario eseguire periodicamente esami emato-chimici per la valutazione della funzionalità epatica e renale e dell'emocromo; nel caso in cui assuma idrossiclorochina (Plaquenil) sarà invece necessario eseguire periodiche visi­te oculistiche.

Il LES è caratterizzato da periodiche riaccensioni e remissioni e il suo decorso è cronico con possibilità in ogni momento di una riacutizzazione della malattia.

In corso di terapia con agenti immunosoppressivi (steroidi, ciclofosfamide, azatioprina ecc.) è necessario rimandare le vaccinazioni che utilizzano anti­geni vivi modificati (antirosolia, antimorbillo, antiparotite, antipolio tipo Sabin, antiinfluenzale). Non vi è invece controindicazione all'utilizzo di vac­cini costituiti da anatossine (antitetanica, antidifterica), da virus uccisi (anti­polio tipo Salk) o vaccini ottenuti con le tecniche di ingegneria genetica (antiepatite B, antipertosse). È tuttavia possibile che queste vaccinazioni siano meno efficaci.

La prognosi della malattia è molto variabile secondo la gravità della malattia. Un tempo il LES era una malattia molto pericolosa ma l'impiego dei cortisonici e degli immunosop­pressori ne hanno radicalmente migliorato la prognosi. Questa è oggi varia­bile e dipende essenzialmente dalla gravità della sintomatologia e dalla sua risposta al trattamento.

Qualunque tipo di vacanza; bisogna tuttavia sottolineare il pericolo deri­vante da una eccessiva esposizione solare. Oltre che un peggioramento delle manifestazioni cutanee, si può verificare un aggravamento dei sintomi sistemici; è quindi necessario evitare di esporsi al sole nelle ore più calde e fare largo uso di creme antisolari a blocco totale.

La dieta deve essere ben bilanciata, a maggior ragione nei soggetti in età evolutiva.

La dieta diventa importante per i pazienti che assumono steroidi in quanto tra gli effetti collaterali del cortisone vi è l'aumento dell'appetito con con­seguente tendenza all'obesità; pertanto in questi casi sarà importante evita­re l'introduzione eccessiva di grassi e carboidrati.

Bisogna infine ricordare che il bambino deve condurre una vita normale e quindi frequentare regolar­mente la scuola.