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Ciao, sono il papà di una ragazza alla quale, nel 2002, è stata diagnosticato il Lupus Eritematoso Sistemico (LES). Con questo blog spero di potere aiutare qualcuno che sta attraversando questa brutta esperienza cercando di supportarlo, per quanto mi è possibile, a superare le difficoltà quotidiane e burocratiche che ho già dovuto affrontare io in passato. Un augurio di cuore a tutti. Se qualcuno vuole contattarmi direttamente può utilizzare l'indirizzo pepo1405@libero.it

Le informazioni fornite sono a scopo divulgativo e non intendono in alcun caso sostituire le indicazioni che possono essere ottenute direttamente da un medico che valuti il singolo caso. Inoltre le indicazioni relative a farmaci, procedure mediche o terapie in genere hanno un fine unicamente illustrativo e non possono sostituirsi alla prescrizione di un medico.

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giovedì 8 aprile 2010

Diritti dei genitori di figli maggiorenni portatori di handicap

Dopo il raggiungimento della maggiore età del figlio portatore di handicap, i genitori lavoratori possono usufruire comunque dei permessi mensili (tre giorni al mese) di cui al punto precedente, purché sussista almeno una delle seguenti condizioni:
a. Il figlio sia ancora convivente con i genitori ( Se convivono non rileva la eventuale presenza in famiglia di altri soggetti in grado di pre¬stare assistenza. Ciò si evince dalla lettera della norma, anche se esistono pareri in senso opposto.).
b. Se il figlio non convive più con i genitori l'assistenza prestatagli deve essere continuativa ed esclusiva.
L'art. 42, comma 3, del D.Igs. 151/2001 dispone infatti "Successivamente al rag¬giungimento della maggiore età del figlio con handicap in situazione di gravità, la lavo¬ratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre hanno diritto ai permessi di cui all'art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992 n. 104. Ai sensi dell'art. 20 della legge 8 marzo 2000 n.53, detti permessi, fruibili anche in maniera continuativa nel¬l'ambito del mese, spettano a condizione che sussista convivenza con il figlio o, in assenza di convivenza, che l'assistenza al figlio sia continuativa ed esclusiva".
Quanto alla "continuità" dell'assistenza, il soggetto richiedente detti per¬messi deve prestare effettiva assistenza al figlio maggiorenne con handicap nelle sue necessità quotidiane. Si esclude che l'assistenza possa intendersi continuati¬va nei casi, per esempio, in cui genitore richiedente e figlio portatore di handi¬cap vivano in abitazioni oggettivamente distanti l'una dall'altra (distanza da valu¬tarsi più che in termini di spazio in termini temporali).
Quanto all' "esclusività" della prestazione, invece, si richiede che il genito¬re richiedente detti permessi sia l'unico soggetto che presti assistenza al figlio disabile. Si ritiene che non possa essere qualificata come esclusiva l'assistenza prestata da un genitore qualora con il figlio disabile maggiorenne convivano altri soggetti che possano richiedere detti permessi per la medesima persona disabile e/o soggetti non lavoratori in grado di assisterlo. Qualora ricorra una delle predette condizioni i genitori possono continuare a fruire dei permessi ai quali hanno diritto incondizionatamente dal terzo anno di vita del bambino e sino al raggiungimento della maggiore età. Valgono pertanto tutte le considerazioni svolte in precedenza.
In tutto l'arco della vita lavorativa, indipendentemente dall'età del figlio disabile, al genitore (aggiuntivamente agli istituti visti in precedenza) viene riconosciuta la possibilità di fruire di:
Congedo di due anni per la cura dei disabili
(artA, comma 4bis, L.53/2000 e art. 42, comma 5, D.Igs 151/2001)
La legge prevede che al ricorrere di particolari condizioni il padre, o in alter¬nativa, la madre di disabile (maggiorenne o minorenne) in situazione di gra¬vità, possano astenersi per un periodo di due anni dal lavoro, senza ovvia¬mente perdere il posto di lavoro e ricevendo un'indennità nei termini di cui si dirà.
1. La situazione di gravità del figlio portatore di handicap deve essere stata accertata almeno da 5 anni dalle apposite Commissioni istituite presso le ASL (come spiegato nel capitolo 1)4.
E Si ritiene che ciò che fa fede sia l'effettivo accertamento dell'handicap e della sua com¬parsa accertata dalla Commissione Medica e non la data, successiva, in cui la Commissione emette il verbale di accertamento. In ogni caso, il congedo di due anni potrà essere usufruito dai genitori con figli disabili che abbiano compiuto almeno i 5 anni di età.
2. I genitori devono possedere i requisiti per la fruizione del diritto al prolun¬gamento del congedo parentale, ai riposi orari giornalieri e ai permessi retri¬buiti (dei quali si è detto nei paragrafi precedenti).
Tale congedo particolare non è cumulabile con i tre giorni di permesso al mese: ciò significa che mentre il genitore di un soggetto disabile sta fruendo del congedo di due anni per l'assistenza del figlio, l'altro genitore, pur avendone diritto, non può chiedere i tre giorni mensili di permesso.
Anche in questo caso il congedo deve essere utilizzato in via alternativa: ciò significa che può usufruirne in parte la madre e in parte il padre, purché mai nello stesso periodo.
A prescindere da quali soggetti ne beneficiano la durata massima del congedo è di due anni (es. 15 mesi la madre e 9 mesi il padre) per ciascun figlio disabile. Tale congedo è, peraltro, frazionabile (es.: la madre o il padre usufruisce di 7 mesi e poi torna al lavoro, poi richiede il congedo per ulteriori 8 mesi e conser¬va il diritto ai restanti 9 mesi).
La domanda va presentata in duplice copia alla sede competente dell'INPS (salvo nei casi in cui non sia l'INPS ad erogare i trattamenti economici previsti per la maternità); una copia viene trattenuta dal richiedente con la rice¬vuta di presentazione e consegnata al datore di lavoro.
Si può iniziare a fruire del congedo entro 60 giorni dalla richiesta fatta.
Quindi si deve ritenere che: ove il disabile sia minorenne (convivente / non convivente) o maggiorenne convivente tale congedo spetta al richiedente (al ricorrere delle condizioni previste) anche quando l'altro genitore non ne abbia diritto (per es. qualora la madre sia casalinga) (art. 42, comma 6, Dlgs. 151/01). Qualora invece il disabile sia maggiorenne non convivente con il genitore richiedente, quest'ultimo per usufruire del congedo in esame dovrà prestare assi¬stenza in via esclusiva e continuata5 e quindi è escluso nel caso in cui vi sia un altro familiare che possa occuparsi del disabile.
- Questo congedo è una particolare ipotesi di congedo per gravi motivi di famiglia (previsto dall'art.4, L.5312000 per tutti i genitori), a condizioni più favorevoli (da un punto di vista economico e previdenziale) date le particola¬ri esigenze dei familiari di persone disabili.
E Per assistenza prestata in via "esclusiva" e "continuata" valgono le considerazioni già svolte in relazione ai permessi mensili spettanti al genitore di disabile maggiorenne.
A differenza del congedo per gravi motivi familiari (fruibile da tutti i lavoratori dipendenti al verificarsi delle condizioni richieste), quello specifico concesso per la cura di disabili in situazione di gravità è retribuito. I lavoratori che ne usufruiscono hanno diritto a percepire per tutto il periodo di astensione dal lavoro un'indennità mensile pari all'ultima retribuzione percepita, indennità che viene corrisposta dall'INPS e anticipata direttamente dal datore di lavoro.
Hai diritto alla contribuzione figurativa per tutto il periodo, utile a tutti gli effetti ai fini pensionistici. Sia l'indennità che la contribuzione figurativa vengono erogate con il limite mas¬simo di 36.151,98 pari a L. 70 milioni annui per il congedo di durata annuale.
Diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio
(art. 33, comma 5, L.104/92).
Oltre al congedo di cui si è detto il genitore di disabile che assiste il figlio con con¬tinuità ed in via esclusiva ha diritto di scegliere la sede lavorativa più vicina al pro¬prio domicilio e ciò senza che rilevi l'età del figlio stesso o il fatto che conviva o meno con il richiedente.
Divieto di essere trasferito ad altra sede di lavoro senza il consenso del lavoratore
(art. 33, comma 5, L.104/92).
Anche in questo caso valgono le considerazioni appena svolte per il diritto di sce¬gliere la sede

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