lunedì 4 aprile 2011
Ricercatori scoprono causa LUPUS del rene
Importante traguardo per l'università di Bari che, grazie allo studio di suoi ricercatori, approda sulle pagine della nota rivista nefrologica “Kidney International”. Questo traguardo è stato ottenuto per la ricerca sul lupus eritematoso sistemico con nefrite ed in modo particolare per l'indivisuazione delle cause di questa patologia. Il team che ha raggiunto questo importante risultato è composto da giovani ricercatori che, grazie a questo lavoro, daranno un contributo importante alla ricerca e in modo particolare alle possibili cure su questapatologia. Il Lupus eritematoso sistemico (LES) è una malattia rara cronica autoimmune. questa malattia provoca l'insorgenza di una disfunzione del sistema immunitario che non assolve più correttamente alla sua funzione di. Per questo motivo non riconoscendo le situazioni più idonee nelle quali intervenire, l’organismo produce autoanticorpi che aggrediscono i propri componenti. La nefrite lupica, in particolare, è caratterizzata da un’alterazione della struttura e della funzione renale, in corso di lupus eritematoso sistemico. Questa patologia, però, non colpisce solo i reni. Al contrario esistono molte patologie legate al Lupus, come eritema, fotosensibilità, ulcere orali o nasofaringee, artrite, attacchi epilettici, psicosi e appunto può colpire i reni. I ricercatori hanno analizzato il meccanismo con cui le cellule dendritiche si infiltrano nei reni, causando la nefrite lupica. Queste cellule, dette anche DC, sono specializzate nella cattura di antigeni e una volta attivate si spostano nei tessuti linfoidi dove interagiscono con alcune cellule, al fine di ottenere la giusta risposta immunitaria. In modo particolare gli studiosi hanno posto la loro attenzione sul sistema Chemerin – ChemR23. Quest’ultima è una proteina prodotta nei reni danneggiati dei pazienti e viene attivata da un’altra proteina infiammatoria: il TNF-alfa. Ecco che, secondo i ricercatori, le cellule dendritiche svolgono un ruolo molto importante nello sviluppo della malattia. Attraverso questo lavoro, spiegano i ricercatori, sarà molto più semplice attuare delle terapie, sui pazienti, immunosoppressive personalizzate.
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